"E' più facile educare un cane che un rom",   così si è espressa, con apparente candore, qualche giorno fa Tiziana  Maiolo, portavoce di futuro e libertà a Milano, commentando il rogo in  cui hanno perso la vita quattro bambini rom a Roma.
Le immediate  critiche arrivate hanno spinto la Maiolo a dimettersi dall'incarico nel  giro di poche ore. Ed ha fatto bene, e tuttavia quella frase dice  tantissimo di pezzi importanti dell'Italia e di come pensa una parte del  paese.
Di fronte alla tragedia, ed ai corpi dei bambini Rom,  le parole di sdegno e condanna sono immediate, con il loro corollario di  trasmissioni TV e primi piani sul dolore, e tuttavia quanta parte  d'Italia ha sentimenti più vicini alla Maiolo che a quello sdegno, a  volte di circostanza?
In fondo per questi, gli stessi bambini  di cui scrutano gli alloggi fatiscenti in TV, sono anche i piccoli  ladruncoli che operano sugli autobus, o i figli di quella ragazzina  perennemente incinta, che recita la solita litania di disgrazie sul  treno, sulla metro o per la strada.
Ed alla pietà per i bimbi  si accompagna la considerazione "però gli zingari...", seguita da una  serie di luoghi comuni ed opinioni che ben conosciamo, perché sono  quelle che circolano al mercato quando nella palazzina disabitata si  insedia un gruppo di nomadi, o che serpeggia nel condominio quando  vicino viene predisposta un'area per un campo.
Ed ai luoghi  comuni è difficile porre rimedio. Ed i loro effetti possono essere  devastanti, come fa capire la brutalità della frase della Maiolo. Un  tentativo di rispondervi viene da un documento approvato proprio ieri  dal Senato della repubblica, che ha votato all'unanimità il  Rapporto conclusivo dell'indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Caminanti in Italia.
In  quel documento ad esempio si evidenzia bene quanto scarto vi sia fra la  percezione della presenza dei nomadi sul territorio, e la loro  effettiva consistenza numerica (secondo una indagine realizzata per  conto del Senato, gli Italiani ritengono che la popolazione Rom e Sinti  nel nostro paese oscilli fra 1 e due milioni, mentre in realtà è assai  minore, attestandosi sullo 0,3%).
Una differenza evidente sin  dalle definizioni: li chiamiamo nomadi, nel tentativo di dimostrarci più  evoluti di chi li chiama zingari, quando l'85/90% dei rom e sinti  europei non sono più nomadi da generazioni, alcuni da almeno 150 anni.  Ed il fatto che in Italia la percentuale che sta ancora nei campi sia  notevolmente più alta che nel resto d'Europa dice molto di più su di noi  e sulle nostre istituzioni che non sulla cultura di quei popoli.
Ma  non voglio soffermarmi oltre su questo aspetto, così come ad altri  pregiudizi che circolano in merito alla presenza dei Rom e Sinti nel  nostro paese, assai più illuminante la lettura del documento del Senato.  C'è un'altro riflessione che invece mi pare indispensabile fare ed è  quella del rapporto che abbiamo con i soggetti deboli della società, ed è  indubbio che un popolo che ha una aspettativa di vita di 10/15 anni  inferiore alla media europea, che vive in campi mal attrezzati e  guardato con sospetto dal reso della popolazione, sia un soggetto  debole.
Quanti sono quelli che parlando dei deboli non  riescono a scindere l'aspetto dei diritti delle persone da un giudizio  morale su modelli culturali, stili di vita, valori e comportamenti degli  stessi? Insomma di fronte al campo nomadi si voltano dall'altra parte  pensando  che in fondo se lo meritano, perché i maschi sono maschilisti,  i bambini forse vengono allevati per rubare, e la loro cultura è una  cultura che impedisce loro l'integrazione?
Fra l'altro  argomenti in parte simili affiorano nei confronti di altri soggetti  deboli, si pensi solo a come è stata vissuta la fase degli sbarchi  dall'Albania, o al rapporto ad esempio con gli immigrati di fede  islamica.
Sono opinioni diffuse e che hanno una loro presa, e  tuttavia se è comprensibile che ci sia più simpatia per le vittime  quando si ritengono  innocenti, è il momento di dire che invece no, c'è  una linea sotto cui non è accettabile andare, e che definisce quello cui  dovremmo avere diritto per il solo fatto di appartenere alla razza  umana, in questo secolo e visto che parliamo d'Italia, in questa parte  del mondo.
Insomma la civiltà di un popolo non si vede da come  tratta i suoi figli migliori, ma dai diritti che assicura a tutti, rom  compresi: mi dispiace per il cagnolino di Tiziana Maiolo, ma una persona  deve meritare sempre più rispetto di un animale.
Fra l'altro  sono piuttosto certo che i bambini Rom, una volta smesso di essere  sbatacchiati da un campo all'altro e da una scuola all'altra,  dimostreranno di essere molto più capaci di quel povero cane, e magari  anche di Tiziana Maiolo.
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