5.1.14

Diseguaglianze e merito: i numeri

Ne ho già parlato qua.  A ricordarci come battersi per premiare il merito sia cosa diversa dal battersi per l'eguaglianza  scrive Maurizio Franzina in "Diseguaglianze inaccettabili":

"Oggi il problema principale riguarda il conseguimento della laurea da parte di chi proviene da famiglie di non laureati. Il fenomeno non è di origine recente. Confrontando i nati nella seconda metà degli anni ’10 con i nati nella seconda metà degli anni ’70, risulta che la quota di laureati è cresciuta ma non in modo impressionante: dal 2% al 10,1%. La significativa mobilità intergenerazionale nei titoli di studio che si è avuta nel nostro paese si è, sostanzialmente, fermata alle soglie dell’università.
Il fatto che solo una piccola percentuale dei figli di non laureati si laurei ha molteplici conseguenze negative: frena la mobilità verso l’alto, impedisce che si riduca la disuguaglianza nei titoli di studio e tiene basso il numero dei nostri laureati. A quest’ultimo proposito, si può ricordare che la percentuale di italiani di età compresa tra i 25 e i 64 anni in possesso di una laurea è nettamente più bassa di quella media nei paesi dell’Ocse (15% contro 31%) e questo vale anche se si considerano soltanto i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni (21% contro 38%). Negli anni più recenti si sono manifestati fenomeni preoccupanti: gli immatricolati nelle università italiane sono scesi da più di 338.000 nel 2003-4 a circa 280.000 nel 2011-12 (Cun 2013). Il calo (più di 58.000 studenti, pari al 17%) è notevole, anche tenendo conto delle sfavorevoli tendenze demografiche, e non è facile prevedere un’inversione di tendenza a breve termine."

E ancora

"Questi indizi giustificano l’ipotesi che le condizioni economiche della famiglia influenzino la carriera formativa dei figli. Si tratta di un’ipotesi che è del tutto compatibile con l’influenza del titolo di studio dei genitori su quello dei figli, ampiamente discussa nel paragrafo precedente, se il reddito dei genitori è positivamente correlato al loro titolo di studio. Infatti, attraverso questa correlazione anche il titolo di studio dei figli sarebbe correlato al reddito della famiglia di origine.

I dati ci dicono che il 48,3% dei nati negli anni ’40 che si è iscritto all’università aveva origini nella borghesia (e il 40,2% raggiungeva effettivamente la laurea); la corrispondente percentuale tra i figli degli operai era soltanto del 4,1% (e solo il 3,5% riusciva a laurearsi). La maggiore partecipazione all’istruzione terziaria ha interessato, negli anni successivi, tutte le classi sociali; tuttavia, questa tendenza all’aumento non ha modificato in modo sostanziale le disuguaglianze: nella coorte di coloro che sono nati negli anni ’70, si è iscritto all’università il 55,8% dei figli della borghesia contro il 14,1% dei figli degli operai (Istat-Cnel 2013).
Questi indizi giustificano l’ipotesi che le condizioni economiche della famiglia influenzino la carriera formativa dei figli. Si tratta di un’ipotesi che è del tutto compatibile con l’influenza del titolo di studio dei genitori su quello dei figli, ampiamente discussa nel paragrafo precedente, se il reddito dei genitori è positivamente correlato al loro titolo di studio. Infatti, attraverso questa correlazione anche il titolo di studio dei figli sarebbe correlato al reddito della famiglia di origine."

2.1.14

Contro al merito

"Ah il merito: la colpa dei guasti dell'Italia è la scarsa attenzione ai suoi figli più talentuosi, alla prevalenza di conoscenze e lobby sul merito."

"E poi far prevalere il merito è un passaggio necessario per una società socialmente più giusta."

Sono frasi che ultimamente riecheggiano spesso, e che fanno immediatamente pensare alle schiere di mediocri piazzati ai posti di comando da una classe dirigente inamovibile.

Ma è davvero solo una questione di merito, e poi, cosa è "il merito"?

Insomma esiste un criterio assoluto per definire e selezionare "i più meritevoli", o invece il merito senza aggettivi è solo un concetto astratto buono solo per comiziacci e discorsi retorici?

L'impressione è che chi parla di merito lo faccia riferendosi ai curriculum scolastici, e sicuramente a prima vista pare un ottimo criterio selettivo. Ovviamente il sottotesto di chi fa questo ragionamento è che la formazione del suo oppositore è inadeguata mentre la sua o quella dei suoi figli sarebbe ingiustamente sottovalutata.

Il problema è quindi capire se i curriculum scolastici contengono tutto quanto viene richiesto. Perché la scuola è qualche cosa di più di un organismo di preparazione e certificazione di competenze lavorative, e perché un buon curriculum scolastico non è necessariamente sufficiente.

Ma ammesso che un buon curriculum scolastico basti ad esprimere il merito, premiarlo sarebbe sufficiente a garantire una società socialmente più giusta?

L'impressione a leggere le statistiche è che no, ancora oggi, nonostante scolarizzazione di massa e c. la mobilità sociale sia limitata, e lo sia perché nelle università che contano ci vanno i figli di chi ci era andato venti anni prima, perché ad una università sempre più frequentata da ceti diversi, si sono affiancati costosi programmi formativi ad hoc che nuovamente riproducono la selezione per censo di una volta.

Certo, ci sono dozzine di programmi per consentire ai meno abbienti di talento di andare avanti, ma davvero il talento è sempre così facile da individuare in tempo da impedire che ambiente e condizioni lo distruggano?

Insomma quante intelligenze sono perse per il solo fatto di essere nate nel posto e nella famiglia sbagliata?

L'impressione insomma è che l'idea della giustizia sociale che passa per il merito sia sbagliata. Premiare i più meritevoli serve sicuramente ad una società più efficiente ma non sostituisce la battaglia per l'eguaglianza.

Ma a chiedersi se davvero una società che riconosce il merito sia anche più giusta non ci sono solo nostalgici delle battaglie per l'eguaglianza: è interessante che a porsela sia uno dei custodi del capitalismo americano Ben Bernanke.

In un discorso davanti ad una platea composta dall'elite di Princetown il Governatore della Federal Reserve da anche la sua risposta: non, non è giusta, nel senso che non vi è niente di giusto nell'essere nati nella famiglia con i mezzi adeguati a farti studiare, ma neppure nell'avere intelligenza e volontà superiore ai tuoi simili che ti hanno fatto superare le difficoltà.

E se non è giusto, conclude Bernanke è necessario che chi più ha avuto dalla famiglia o semplicemente dalla natura, più deve restituire alla società. Non male dopo anni di appelli agli sgravi fiscali ai ceti più ricchi, perché così si creava benessere...