14.12.14

la Sinistra "Bio"



Di questi tempi l'uso della etichetta "sinistra" ha due versioni, il primo, negativo, con l'aggettivo (tipo radicale e c.). Il secondo invece messo li, dopo il trattino un po' come quelli che piazzano il termine "bio" o "naturale" nel prodotto di scaffale al supermercato.

Inutile dire che spesso prima di arrivare a quello scaffale quei prodotti hanno perso tanta parte delle cose che li rendevano naturali e bio (un processo cui pare non sfuggire nemmeno l'idea di sinistra).



Per me essere di sinistra significa privilegiare i valori della solidarietà su quelli dell'arricchimento individuale. Dei diritti collettivi sugli interessi individuali (interessi che possono essere assolutamente legittimi ma vengono semplicemente dopo).

Poi ci sono cose che non sono ne di destra ne di sinistra ma solo questione di civilità (ad esempio che una pubblica amministrazione funzioni, un autobus passi, che le buche vengano tappate, i treni arrivino in orario, le scuole vengano aperte ogni mattina....).

Ed infine ci sono cose di destra, ad esempio nel contrasto fra capitale e lavoro pensare che abbia ragione sempre il primo, quasi per definizione, o ritenere che le associazioni formate dai più deboli debbano stare al loro posto e non alzare troppo la testa.

Può capitare di avere ogni tanto qualche pensiero di destra, sopratutto invecchiando. Diventa però una grande mistificazione definirli di sinistra, e magari applaudire chi fornisce definizioni nuove di zecca in grado di far sentire tutti più a loro agio.

Tanto per cominciare: il concetto che per far andare avanti gli ultimi occorre bloccare i penultimi è un concetto di destra. Gli ultimi invece avanzano solo se vanno avanti anche i penultimi, perché esiste uno stato di cose che va cambiato e che per far questo occorre estendere i diritti e non redistribuirli.

E non è sufficiente per autoassolversi dire che quel che si fa serve a difendere i più deboli e che questo è di sinistra, la storia è infatti piena di soggetti che si sono dedicati con passione ed impegno alla tutela dei più deboli senza che questo li facesse essere particolarmente progressisti, quando non complici dello stato di cose, come quelle  mogli di grandi industriali che nel pieno della rivoluzione industriali facevano le dame di carità per  aiutare le vittime dello sviluppo sregolato di cui erano corresponsabili i loro mariti.