16.1.12

Sudafrica andata e ritorno

8 Gennaio 2012 - Mangaung 
Il volo che porta dall'europa a Johannesburg dura più di dieci ore, il mio ha richiesto molto più tempo: era stato Marcus ad accompagnarmi all'aereoporto a fine giugno del 2000, ed era stato un arrivederci, pensavo infatti di ritornare non appena l'organizzazione per cui lavoravo avesse ottenuto l'ultima tranche di finanziamenti.

Non è stato così. Con alcune delle persone con cui avevo lavorato sono rimasto in contatto, altri li ho persi di vista, altri non sono più.

 Il 7 gennaio scorso sono finalmente riuscito a tornare, anche se per pochi giorni, in occasione della cerimonia per il centenario della ANC, prevista per l'8 gennaio nella città dove 100 anni prima era nato il primo e più antico movimento politico dell'Africa avente al suo centro il tema dei diritti degli africani, una nascita che predata di molti anni la straordinaria stagione della fine dei regimi coloniali del continente.

Ritornare dopo tanto tempo consente di vedere con nitidezza i cambiamenti avvenuti come provare a valutare quanto invece sia rimasto apparentemente immobile.

Misurare i progressi ed ipotizzare le occasioni perdute. Perché la realtà è sempre assai diversa da quelle speranze che avevano portato milioni di sudafricani a mettersi in fila per votare il 27 Aprile del 1994.

27 Aprile 1994 - coda ai seggi
Qualcuno ha detto che per l'ANC la liberazione era stata raggiunta in poesia mentre governare si era dimostrata prosa

Sono le cose di cui ho parlato nei cinque giorni passati sotto al tropico del capricorno con un po' tutte le persone che ho incontrato, che mi hanno raccontato la fatica del sogno, le durezze della quotidianità, le speranze per il futuro. 

Difficile fare una valutazione obbiettiva ed oggettiva. Sicuramente il paese non si è avvitato in una spirale di violenza e malamministrazione, come preconizzavano in tanti della vecchia guardia bianca negli anni della transizione dal regime dell'apartheid al governo Mandela. 

E tuttavia è certo che le diseguaglianze sono cresciute, che accanto ad una emergente borghesia e classe dirigente nera, che si è affiancata a quella bianca, sono rimaste le povertà rurali, la disoccupazione, le marginalità. E non si sa quali potrebbero essere le conseguenze se il governo non fosse più in grado di mantenere il sistema di assegni sociali che al momento raggiungono 12,000,000 di cittadini. 

Il paese si sta infatti deindustrializzando, concentrando sempre più la produzione nel settore minerario, riducendo le opportunità per l'enorme parte della forza lavoro non qualificata, ed il sistema educativo non pare capace di ridurre significativamente questa massa di lavoratori a bassa qualificazione. 

Vecchie questioni continuano a riemergere, questioni che rimandano alla storia del paese, alla storia delle scelte effettuate 100 anni fa quando sostanzialmente la popolazione nera fu privata del diritto di possedere terra, bloccando qualsiasi possibilità di sviluppo di una imprenditoria africana. 

E il paese arcobaleno pare ancora non riuscire a fornire una nuova tavolozza al futuro. Lo slogan delle celebrazioni è "Unità nella diversità", il timore è che sottolineando troppo le diversità venga meno la sensazione ed il desiderio di un destino comune, anzi, il desiderio di un paese dove tutti siano solo cittadini. 

Perché credo ci sia la voglia e la necessità di un paese dove le diversità non siano date dalla pelle o da quella versione soft del razzismo che è la sottolineatura delle differenze "culturali", ma dall'esistenza di una molteplicità di individualità, in grado di condividere passioni, speranze e valori. 

Che questo accada è il mio augurio per il centenario della ANC, ed è il mio augurio ai molti amici che ho in Sudafrica.

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