31.3.12

Corrotti e corruttori


l'8 marzo scorso gli italiani hanno appreso della morte di Franco Lamolinara e del suo collega Cristopher Mc Manus nel corso di un blitz delle truppe speciali inglesi in Nigeria. Ed i dettagli dell'operazione sono stati ripetuti per alcuni giorni in tutte le edizioni dei telegiornali, così come è stata ripetuta la descrizione sommaria del gruppo boko haram, responsabile prima del rapimento e poi dell'uccisione di Franco Lamolinara e del suo collega.

Una descrizione sommaria, che ricordo come il gruppo estremista islamico sia un gruppo che si oppone violentemente a tutto ciò che è occidentale, a partire dalla educazione.

E' una descrizione sufficiente a dire qualche cosa di più sull'organizzazione protagonista di un episodio di cronaca ma che aggiunge poco a quel che sappiamo di uno dei tanti motivi di tensione in un paese che è il più popoloso dell'Africa ed è la seconda economia dopo il Sudafrica, e sopratutto non spiega perché quel movimento responsabile di atti efferati, abbia eletto a principale bersaglio delle sue attività l'educazione occidentale, in gran parte dell'Africa invece vista come una opportunità di avanzamento personale, e sopratutto non fornisce motivi per capire perché abbia qualche seguito un movimento con obbiettivi apparentemente così lontani dal senso comune.

Qualche settimana fa un programma radiofonico mi ha dato una spiegazione, grazie ad una intervista ad un ricercatore universitario in cui veniva messa in immediata relazione il seguito di boko haram con la insostenibile corruzione del paese, una corruzione che aveva devastato le strutture tradizionali della società e che boko haram, nella sua propaganda, faceva risalire all'arrivo dell'occidente con le sue scuole e sopratutto con le sue società petrolifere. 

Ecco allora che non è solo fanatismo, ovvero questo da solo non riesce a spiegare il perché del successo, così come il fondamentalismo non spiega perché da altre parti del mondo centinaia di ragazzi preferiscono indossare una cintura imbottita di esplosivo e farsi saltare in aria rispetto alla prospettiva offerta dai rispettivi governi.

Come a volte accade, le parole di quel ricercatore hanno avviato in me un po' di riflessioni: la prima era che il ricercatore era nigeriano, e non il solito professore occidentale che parlava di un paese lontano. Era qualcuno che parlava della sua terra e che ci ricordava come ci fosse molto di più del semplice fanatismo.  E' la riflessione che dovremmo fare sempre quando si esaminano i fenomeni sociali. La elencazione di un consolatorio elenco dei buoni e dei cattivi non aiuta: i fenomeni sociali spesso producono effetti pessimi al di la delle caratteristiche individuali dei protagonisti, e pertanto è bene capire che se la corruzione produce anche i boko haram, non sono sufficenti teste di cuoio bene addestrate a contrastarli. 

La seconda considerazione è stata che quella trasmissione che seguivo andava in onda su una radio sudafricana: in Italia, certamente anche per motivi linguistici, un eventuale ma improbabile approfondimento su Boko Haram sarebbe stato affidato a qualche esperto italiano, che per quanto onesto avrebbe comunque riferito su un argomento studiato spesso da una scrivania lontana. 

La terza considerazione è sulla corruzione, un tema che non sempre vediamo in tutte le sue ramificazione: quando pensiamo ai problemi dell'Africa vediamo spesso volti di governanti corrotti, o  strutture di apparati statali che vivono grazie alle mazzette, e fra noi e noi pensiamo a paesi arretrati, privi della forza della legge e che "vanno salvati da loro stessi" come ogni tanto esclama qualcuno preso da furore missionario.  

Invece nelle scorse settimane la Nigeria è stata interessata da una serie di manifestazioni notevoli, gli segnale dell'esistenza di movimenti sociali estesi che criticano lo stato di cose attuale: il tipo di risonanza e solidarietà internazionale che questi hanno avuto non è stato quella che avrebbero meritato. 

Aggiungo che probabilmente spesso equivochiamo quando si parla di solidarietà internazionale: non si tratta di manifestare perché in Nigeria finisca la corruzione, ma perché ai nostri concittadini non sia più consentito di fare i corruttori. E sì perché in molte parti del mondo la corruzione nasce dalla necessità di trovare scorciatoie rapide per accedere alle risorse di quel paese, ed i corruttori stanno nei consigli d'amministrazione occidentali. 

Certo nessuna relazione di bilancio parlerà di spese per corrompere questo o quel politico, ma sicuramente ci saranno le voci dedicate a commissioni, e dietro a quelle voci spesso si nasconde il prezzo per poter continuare ad estrarre petrolio o qualche altra risorsa in questo o quel paese, ed è un prezzo che le società sono ben lieti di pagare se quella commissione garantisce gli utili enormi che le industrie estrattive hanno realizzato in questi anni. 

In realtà non siamo all'anno zero, e oramai da qualche tempo è in corso una iniziativa internzionale denominata EITI che punta a rendere più trasparenti le contabilità di multinazionali estrattive e governi attraverso un processo di controllo incrociato dei conti.

E' un processo che ha i suoi lati positivi ma molti limiti, ad esempio ad oggi solo 30 paesi sono hanno pubblicato un rapporto EITI. Se si considera che ad esempio la Shell opera in 90 paesi si capisce quanto sia incompleto il quadro che può emergere. Ma probabilmente la critica maggiore ad EITI viene dal fatto che i rapporti finali sono per dati aggregati, rendendo assai difficile ad esempio ad organizzazioni indipendenti di valutare l'operato di amministratori ed imprese amministrative in uno specifico contesto. 

Per fare un esempio: non è la stessa cosa, per un residente di un'area inquinata da una industria petrolifera sapere che ci sono stati dei pagamenti al governo locale per una bonifica oppure sapere che genericamente il gruppo in quel paese ha pagato per delle bonifiche. Nel primo caso la correlazione fra ciò che sta sulla carta e la realtà sul campo è immediatamente individuabile, nel secondo no.

Per ovviare a questo negli Usa nel 2010 nella legge di riforma dei mercati finanziari Dodd-Frank, vi è una parte che impone alle industrie estrattive quotate sui mercati finanziari USA di indicare i pagamenti ai governi dove operano, in maniera dettagliata e suddivisa per imprese e progetti. 

La risposta delle imprese petrolifere è stata furibonda; da chi ha parlato di violazione della riservatezza nei rapporti con i governi, a chi invece ha parlato di svantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.

Eppure pare evidente che il modo migliore per combattere la corruzione ovunque sia quella di rendere molto difficile al corruttore di operare ed al corrotto di nascondere i suoi proventi. 

Negli USA il tema è ben presente nel dibattito politico, in Europa se ne discute, in Italia mi pare si faccia già fatica ad affrontare il tema della corruzione casalinga, figurarsi quella operata ad altre latitudini. Eppure sarebbe utile, magari ci sorprenderemmo meno del fatto che un gruppo di fanatici faccia proselitismo additandoci come appartenenti ad una cultura di corruttori. 

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