13.3.12

Kony 2012 ovvero l'orco ai tempi di twitter


Kony, ma chi è? se lo devono essere chiesti in molti fra quelli che scrutano i temi più popolari su internet per provare ad anticipare tendenze e temi di discussione. 

Non poteva infatti sfuggire l'enorme popolarità di un video dedicato ad un oscuro personaggio africano messo in rete pochi giorni fa e che ha totalizzato nel giro di poche ore decine di milioni di contatti.

Oscuro personaggio in realtà solo per i molti che non si sono mai interessati delle questioni del continente, perché invece le vicende della Lord's Resistance Army eran ben note a chi si occupa d'Africa, anche fra chi non segue direttamente  ciò che accade in quelle aree fra Repubblica Centroafricana, Uganda e Congo dove da trentanni agisce una delle armate più singolari e crudeli che abbiano combattuto in quelle terre. 

Una armata i cui leader si sono conquistati il dubbio privilegio di essere stati i primi individui per cui la Corte Criminale Internazionale, costituita in base allo statuto di Roma del 17 luglio 1998, abbia emesso nel 2005 un mandato di cattura internazionale per crimini contro l'umanità.

Comunque  a chi ignorava deve essere bastato poco, magari una semplice ricerca google, o la relativa voce wikipedia, per capire che il personaggio meritasse una qualche attenzione.

Chiarito che il messaggio "catturate Kony vivo o morto" ha qualche ragion d'essere, la discussione si è subito spostata dall'obbiettivo della campagna, alla forma della campagna e sui promotori della stessa, con posizioni radicalmente diverse fra i vari commentatori chiamati ad esprimersi su una iniziativa che, come detto, nel giro di poche ore ha visto una diffusione virale del video, con decine e decine di milioni di condivisioni fra facebook e twitter. 

Insomma, milioni di persone use a postare foto di gattini, commentare epiche sbronze e scambiarsi auguri di buon compleanno, ad un tratto si sono date all'attivismo, condividendo il video della campagna.

Personalmente ho trovato interessanti le posizioni dei commentatori africani, oscillanti fra irritazione per l'ennesima brutta storia africana, critica per l'eccessiva semplificazione del messaggio, quando non la sottolineatura di possibili aspetti meno nobili nella vicenda, come ad esempio l'interesse dell'Uganda per una area di confine fra Congo ed Uganda dove ci sarebbero ricchi giacimenti petroliferi.

Ho anche notato come anche chi si è dimostrato assai più tenero nei confronti dei promotori, come Chris Blattman, che alle vicende della LRA ha dedicato molto tempo, ha fatto notare che dire che va preso, vivo o morto, significa dover accettare la possibilità di farsi largo sparando in un campo dove le guardie del corpo del cattivo di turno sono tutte bambini al massimo di 13 anni...

Insomma non pare essere una affatto una cosa semplice. Come appare evidente ad esempio leggendo questo lungo articolo dedicato alla verifica dei vari aspetti della vicenda.

Ed infatti non credo che il tema della cattura di Kony sia l'elemento più importante fra quelli che l'indubbio successo della campagna internet sta facendo emergere. Ad esempio  Giovanni Fontana sul Post sostiene che per chi si occupa di sviluppo, la campagna Kony 2012 sarà uno spartiacque: una specie di 11 settembre dopo di cui niente sarà più lo stesso. 

E sono già partite le analisi anche sul ruolo dei nuovi media nelle campagne di advocacy ed i paragoni con primavere arabe e c. E del resto questo elemento dei social media come cambio di pardigma nell'advocacy è esplicitato dagli stessi autori della campagna, il cui obbiettivo era rendere Kony "famoso" nel giro di poche ore.

Obbiettivo senza dubbio raggiunto, ma mi chiedo se davvero siamo ad un cambio di paradigma, o se semplicemente non sia cambiato il mezzo con cui avviare campagne che intendono creare attenzione su soggetti specifici.

Io non vedo una grande novità ne vedo troppe similitudini con le primavere arabe.

Non vedo novità perché la campagna Kony 2012 è partita arruolando celebrity con un massiccio numero di contatti come Oprah, P Diddy, Rihanna. Insomma una volta si organizzava un live aid con decine di artisti, oggi basta un hashtag ed un po' di persone note che rilanciano il tutto per ottenere una penetrazione simile del messaggio, e magari un successo simile delle campagne di fundraising, con l'unica caratteristica che, come i vari live aid, gli appelli non possono essere troppo continui, perché l'attenzione è inevitabilmente calante. 

Ben diverso il ruolo dei social network nelle primavere arabe: in quel caso non si trattava di far rimbalzare un appello nel mondo virtuale ma di chiamare persone fisiche a confrontarsi in uno spazio fisico reale, fosse questo una piazza o una strada od una semplice riunione di coordinamento. E a chiamare era l'amico, il conoscente, il vicino di casa, vero o virtuale. Insomma il social network come premessa di un network di persone in carne ed ossa. 

Mi pare che le cose differiscano non poco. 

I social network, ed i nuovi media in generale, questo si che è vero, consentono una rapida canalizzazione delle emozioni. Un tempo l'immagine sul giornale al massimo dava luogo a qualche discussione al bar o sul luogo di lavoro, con annesse dichiarazioni più o meno roboanti ma senza la contabilità dei "mi piace" o dei click sul filmato. 

Oggi invece ecco che circola l'immagine del gattino lasciato nel cassonetto, seguita a ruota dalla bimba che canta a squarciagola, per poi essere sopraffatto da qualche altra piccola o grande atrocità, tutto con rapidi click e mipiace. 

Una domanda che verrebbe da porsi di fronte a questo atteggiamente compulsivo è "ma esiste una gerarchia?", Dovendo scegliere fra le balene, la foresta amazzonica, Amina e Kony, a quale causa vorremmo fosse dedicato più tempo? "Save us not the Whales" urlavano i Clash già una trentina di anni fa.

In realtà è una domanda malposta, perché le emozioni, pur avendo a volte intensità diverse, non sono un buon modo per costruire gerarchie. 

Percui anche se soffermandoci un attimo non avremmo dubbi in merito a quale causa dedicarci, non ci fermiamo, ed invece  clicchiamo, inoltriamo e retwettiamo allegramente, perché tutte le volte pensiamo che sia quella la campagna che richiede la massima attenzione.

Ma forse la verità è che non è sempre la causa in se il vero oggetto d'attenzione: spesso invece siamo a fare appello al nostro mondo, ai nostri sogni, ai nostri desideri ed ai nostri incubi. 

Insomma e per tornare a Kony: qualche volta è capitato di sentire di storie atroci avvenute in remote zone della nuova guinea o della foresta amazzonica, per archiviarli con un po' di stupore e modesta commiserazione  come cose di un'altro mondo. 

Che la forza della campagna di Kony stia invece nell'aver portato una crudele storia d'Africa nel nostro mondo, parlando dei nostri governanti, dei nostri soldati, delle nostre armi, dei nostri tribunali? E quante altre storie simili potrebbero essere raccontate?

1 comment:

  1. Altre letture in merito:

    http://www.tnepd.com/2012/invisible-children-fare-i-milioni-supportando-una-dittatura-militare

    http://www.tnepd.com/2012/quante-belle-persone-dietro-kony-2012

    http://www.tnepd.com/2012/kony-2012-propaganda-illuminata

    Ciao

    TNEPD

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