28.1.11

La rivoluzione non verrà teletrasmessa

Nel 1970 Gil Scott-Heron scrisse un celebre poema in cui invitava gli afroamericani ad uscire dalle case e spegnere la televisione, perché la rivoluzione non sarebbe stata teletrasmessa.

Era un invito all'impegno, una critica alla funzione anestetica e di costruzione di senso comune della televisione, con la sottolineatura di come quel media non parlasse delle vite degli afromericani. E concludeva: la rivoluzione non sarà trasmessa in televisione, sarà dal vivo.

Ripensavo a quella frase guardando le cronache degli eventi degli ultimi giorni: la rivoluzione non viene certamente teletrasmessa ma non vi sono dubbi che sia in rete, e che anzi sia nella rete che ha trovato il terreno fertile per diffondersi.

Il tema interessante e su cui riflettere è se nella rete ci sia solo il mezzo con cui più rapidamente si diffonono i volantini o se questa invece modificando il processo modifichi anche il prodotto.

Su Foreign affairs Clay Shirky , in un articolo dedicato alla forza politica dei social network, ricorda di come nel gennaio del 2001, la decisione del parlamento filippino di non rendere ammissibili alcune prove nel procedimento di 'impeachement del presidente Estrada, avesse provocato, nel giro di un paio di ore, una mobilitazione di cittadini nel centro di Manila talmente impressionante da costringere il parlamento a tornare sui sui passi.

Alla base della mobilitazione un SMS inoltrato da decine di migliaia di telefonini che diceva "Go 2 EDSA. Wear blk.". Quella sera il centro di Manila vide oltre un milione di persone vestite di nero chiedere le dimissioni del presidente che di li a poco infatti si dimise. Era probabilmente la prima volta che una rete di contatti anziché una organizzazione strutturata, riusciva a rimuovere un capo di stato. Lo stesso Estrada dette poi la colpa della sua sconfitta alla generazione dei telefonini e sms.

Ed in effetti nell'ultimo decennio sono diversi gli esempi di mobilitazioni realizzate utilizzando strumenti non esistenti solo 20 anni fa, come gli SMS, la cui introduzione è della metà degli anni '90, o i più recenti socialnetwork. Il caso forse più noto è quello della Egitto e nei giorni scorsi in Tunisia, ma come non notare ad esempio il successo che in pochi giorni ha avuto il Manifesto dei giovani di Gaza, uscito su facebook e che ha visto decine di migliaia di adesioni.

La cosa significativa è che in Egitto come a Tunisi o a Gaza, dietro a quelle pagine di facebook ci sono persone in carne ed ossa, pronte a scendere in piazza e fronteggiare le autoblindo.

Ma cosa fa si che un piccolo gruppo di blogger, come il gruppo 6 aprile descritto in una storia di wired, riesca ad essere al centro di una rivoluzione le cui immagini sono trasmesse in questi giorni dalle televisioni di tutto il mondo?

Probabilmente la domanda è mal posta: il gruppo 6 aprile probabilmente non è "al centro" nel senso che non è portatore di un programma politico specifico, ma è un soggetto che abita un luogo dove si conduce un discorso che ha anche valenze politiche: in sostanza in società molto controllate sul piano politico e nei media ufficiali ma non prive di accesso agli strumenti d'informazione, in tutti i paesi arabi infatto le parabole per la ricezione satellitare sono una presenza fissa sui tetti di gran parte delle abitazioni, quello che viene percepito come assente o in gran parte limitato è lo scambio.

Insomma più che di informazione si cerca la coversazione sui temi pubblici. E questo è un campo su cui i social network sono in grado di intervenire con tempestività e costi imbattibili, nonché una maggiore sicurezza personale, non perché intrinsecamente più sicuri, ma perché i costi che deve sostenere un apparato di sicurezza per controllare milioni di connessioni internet sono probabilmente di gran lunga maggiori di quelli necessari per mandare un po' di agenti in borghese ad una assemblea di quartiere.

E bloccare internet o sms, misure applicate in Egitto in questi giorni, non può essere cosa permanente perché Internet è indispensabile al turismo, al commercio, all'economia.

Dicevo necessità di conversazione ma aggiungo anche la necessità di parlare con persone in carne ed ossa: quello che mi ha colpito storia del gruppo 6 aprile narrata da wired, è che il 6 aprile era la data di convocazione di uno sciopero in Egitto, ed il gruppo era nato da alcuni blogger che volevano appoggiare quella iniziativa.

Tre anni fa quell'incontro non portò a risultati eccezionali, e tuttavia oggi vediamo con chiarezza quanto quelle reti siano riusciti a fare per scuotere il più popoloso paese arabo. Tutti connessi e tutti mobilitati? certo che no, anzi, con tutta probabilità solo una piccola parte di quel popolo ha un computer a casa; sicuramente più numerosi quello dotati di telefono cellulare, che in Africa ha smesso assai rapidamente di essere oggetto da ricchi per diventare invece l'unico strumento di comunicazione dei poveri. Ma è altrettanto probabile che le modalità del movimento, le sue parole d'ordine, così come i tempi di convocazione debbano molto a quello scambio di opinioni avvenuto online. Non solo per la presenza nelle strade di tutti i protagonisti di quella discussione ma perché ciascuno di quei protagonisti ha probabilmente riportato quelle discussioni fra gli amici, al lavoro, nella moschea.

Appunti finali: le strutture di rete hanno una grande efficenza nella trasmissione di informazioni, se un nodo per qualche motivo si interrompe, e ciò è assai probabile in sistemi autoritari, il flusso non si interrompe. E tuttavia le reti hanno spesso difficoltà a trovare le sintesi necessarie ad esprimere leadership e proposta politica. Insomma se è relativamente facile mobilitare centinaia di migliaia di persone per chiedere le dimissioni di un presidente, amplificando in rete i sentimenti di segmenti di opinione pubblica, assai più complesso costruire delle leadership. Ma forse non è nemmeno quello che vogliono le centinaia di persone che in questi giorni hanno informato e coordinato le manifestazioni in Tunisia e in Egitto, ne di coloro che li seguiranno altrove.

C'è una innegabile connessione fra uso di nuove tecnologie dell'informazione e composizione demografica. E' evidente che chi è cresciuto in un mondo caratterizzato da telefonini e internet café troverà assai più naturale usarli rispetto a chi invece vi si è progressivamente dovuto adattare: ed i paesi in via di sviluppo i giovani sono la maggioranza. Ma in che modo cambieranno le cose anche nel nostro occidente col crescere di giovani e meno giovani scontenti e con tastiere e telefonini a portata di mano? Il popolo viola era una fiammata o solo l'inizio?

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