10.2.11

Il cagnolino di Tiziana Maiolo

"E' più facile educare un cane che un rom", così si è espressa, con apparente candore, qualche giorno fa Tiziana Maiolo, portavoce di futuro e libertà a Milano, commentando il rogo in cui hanno perso la vita quattro bambini rom a Roma.

Le immediate critiche arrivate hanno spinto la Maiolo a dimettersi dall'incarico nel giro di poche ore. Ed ha fatto bene, e tuttavia quella frase dice tantissimo di pezzi importanti dell'Italia e di come pensa una parte del paese.

Di fronte alla tragedia, ed ai corpi dei bambini Rom, le parole di sdegno e condanna sono immediate, con il loro corollario di trasmissioni TV e primi piani sul dolore, e tuttavia quanta parte d'Italia ha sentimenti più vicini alla Maiolo che a quello sdegno, a volte di circostanza?

In fondo per questi, gli stessi bambini di cui scrutano gli alloggi fatiscenti in TV, sono anche i piccoli ladruncoli che operano sugli autobus, o i figli di quella ragazzina perennemente incinta, che recita la solita litania di disgrazie sul treno, sulla metro o per la strada.

Ed alla pietà per i bimbi si accompagna la considerazione "però gli zingari...", seguita da una serie di luoghi comuni ed opinioni che ben conosciamo, perché sono quelle che circolano al mercato quando nella palazzina disabitata si insedia un gruppo di nomadi, o che serpeggia nel condominio quando vicino viene predisposta un'area per un campo.

Ed ai luoghi comuni è difficile porre rimedio. Ed i loro effetti possono essere devastanti, come fa capire la brutalità della frase della Maiolo. Un tentativo di rispondervi viene da un documento approvato proprio ieri dal Senato della repubblica, che ha votato all'unanimità il Rapporto conclusivo dell'indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Caminanti in Italia.

In quel documento ad esempio si evidenzia bene quanto scarto vi sia fra la percezione della presenza dei nomadi sul territorio, e la loro effettiva consistenza numerica (secondo una indagine realizzata per conto del Senato, gli Italiani ritengono che la popolazione Rom e Sinti nel nostro paese oscilli fra 1 e due milioni, mentre in realtà è assai minore, attestandosi sullo 0,3%).

Una differenza evidente sin dalle definizioni: li chiamiamo nomadi, nel tentativo di dimostrarci più evoluti di chi li chiama zingari, quando l'85/90% dei rom e sinti europei non sono più nomadi da generazioni, alcuni da almeno 150 anni. Ed il fatto che in Italia la percentuale che sta ancora nei campi sia notevolmente più alta che nel resto d'Europa dice molto di più su di noi e sulle nostre istituzioni che non sulla cultura di quei popoli.

Ma non voglio soffermarmi oltre su questo aspetto, così come ad altri pregiudizi che circolano in merito alla presenza dei Rom e Sinti nel nostro paese, assai più illuminante la lettura del documento del Senato. C'è un'altro riflessione che invece mi pare indispensabile fare ed è quella del rapporto che abbiamo con i soggetti deboli della società, ed è indubbio che un popolo che ha una aspettativa di vita di 10/15 anni inferiore alla media europea, che vive in campi mal attrezzati e guardato con sospetto dal reso della popolazione, sia un soggetto debole.

Quanti sono quelli che parlando dei deboli non riescono a scindere l'aspetto dei diritti delle persone da un giudizio morale su modelli culturali, stili di vita, valori e comportamenti degli stessi? Insomma di fronte al campo nomadi si voltano dall'altra parte pensando che in fondo se lo meritano, perché i maschi sono maschilisti, i bambini forse vengono allevati per rubare, e la loro cultura è una cultura che impedisce loro l'integrazione?

Fra l'altro argomenti in parte simili affiorano nei confronti di altri soggetti deboli, si pensi solo a come è stata vissuta la fase degli sbarchi dall'Albania, o al rapporto ad esempio con gli immigrati di fede islamica.

Sono opinioni diffuse e che hanno una loro presa, e tuttavia se è comprensibile che ci sia più simpatia per le vittime quando si ritengono innocenti, è il momento di dire che invece no, c'è una linea sotto cui non è accettabile andare, e che definisce quello cui dovremmo avere diritto per il solo fatto di appartenere alla razza umana, in questo secolo e visto che parliamo d'Italia, in questa parte del mondo.

Insomma la civiltà di un popolo non si vede da come tratta i suoi figli migliori, ma dai diritti che assicura a tutti, rom compresi: mi dispiace per il cagnolino di Tiziana Maiolo, ma una persona deve meritare sempre più rispetto di un animale.

Fra l'altro sono piuttosto certo che i bambini Rom, una volta smesso di essere sbatacchiati da un campo all'altro e da una scuola all'altra, dimostreranno di essere molto più capaci di quel povero cane, e magari anche di Tiziana Maiolo.

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